Mostra alza il triangolo al cielo
All’interno del Chiostro di Santa Cristina di Bologna, dal 28 settembre al 28 novembre 2018, l’Associazione Orlando ha promosso la mostra Alza il Triangolo al Cielo. Corpi, Parole e Spazi delle Donne in movimento 1968-2018. L’esposizione percorre il cambiamento dei costumi e del ruolo delle donne nella società Italiana, attraverso lo sguardo dei movimenti politici delle donne, protagonisti della profonda trasformazione culturale e sociale dell’Italia a partire dal 1968.
Sono stati esposti materiali di archivio (documenti, riviste, fotografie e video) dell’Archivio di Storia delle Donne e la Biblioteca Italiana delle Donne, in collaborazione con altri archivi storici (Fondazione Badaracco, Archivia Archivi Biblioteche Centri Documentazione delle Donne, Centro di documentazione Flavia Madaschi, Femminismo Ruggente, Archivio del Movimento Identità Trans, Centro Italiano di Documentazione sulla Cooperazione e l’Economia Sociale, Fondazione Gramsci), e archivi personali nazionali e internazionali.
Con il patrocinio di: Regione Emilia Romagna | Comune di Bologna;
Con il contributo di: Regione Emilia Romagna- assessorato alla cultura | Comune di Bologna – Assessorato alle Pari Opportunità;
Main Sponsor: Coop Alleanza 3.0;
Sponsor: Passi Società Cooperativa
L’Archivio di Storia delle Donne di Bologna ha realizzato un percorso digitale per accompagnare la lettura del catalogo della mostra.
Una selezione dei documenti esposti
Un percorso a più tempi dal 1968 al 2018. Time Line
L’esposizione, a cura di Stefania Minghini Azzarello, si basa su una narrazione tematica e cronologica, espressione di una contaminazione di linguaggi differenti che danno vita ai corpi, alle parole e agli spazi delle donne che hanno caratterizzato l’Italia, dagli anni sessanta fino agli ottanta con movimenti verso il presente 2018.
Clicca sulle date e scopri le aree tematiche della mostra.
Sarà Elda Guerra dell’associazione Orlando, storica dei movimenti delle donne e consulente scientifica della mostra, a spiegare nelle pagine del catalogo – che potete scaricare gratuitamente – le scelte condivise che hanno motivato l’impianto storico della curatela.
No more Miss America
Nel settembre 1968, un folto gruppo di donne sfila ad Atlantic City di fronte alla Convention Hall dove si svolge la gara per l’elezione di Miss America. Inalberano cartelli, danno vita a performance, lanciano slogan: primo fra tutti “No more Miss America!”. In un linguaggio comunicativo dirompente, quella manifestazione esprime la ribellione delle generazioni femminili protagoniste dei movimenti degli anni ’70 alle immagini convenzionali e oppressive della bellezza e della femminilità incarnate nel concorso.
Il gesto di rivolta nei confronti della riduzione a oggetto del corpo femminile s’intreccia all’opposizione alla guerra del Vietnam e alla contestazione del razzismo insito nella società americana per cui mai, fin dalle origini della competizione nel 1921, il titolo era stato attribuito a una donna di colore. (…)
Nel medesimo contesto politico e sociale, le comunità gay, lesbiche e trans si ribellano alla violenta repressione della polizia subita nei bar e per le strade. Nel 1966 a San Francisco prende vita la rivolta di Cafe Compton e nel 1969 a New York i moti di Stonewall.
Non siamo angeli del focolare
L’Italia degli anni ’60 è attraversata dalla più generale congiuntura di crescita economica e modernizzazione sociale che caratterizza il mondo occidentale.
Molte sono le incrinature e i segnali di cambiamento rispetto a culture e strutture mentali tradizionali. Si afferma la famiglia nucleare, crescono i consumi, aumenta l’istruzione per i ragazzi e, soprattutto per
le ragazze, si diffondono nuovi stili di vita.
Le relazioni tra i generi ne sono coinvolte: nel 1962 viene riconosciuta negli accordi contrattuali la parità tra salari femminili e maschili, nel 1963 viene decretata la possibilità per le donne di accedere a ogni grado della magistratura, riprende la discussione sul divorzio con la presentazione nel 1965 di un nuovo progetto di legge. Il divorzio viene approvato nel 1970, dopo un complesso iter parlamentare. Sottoposto a referendum abrogativo, viene definitivamente confermato grazie a una grande mobilitazione nel 1974.
Il personale è politico
Nella storia dei movimenti delle donne il ’68, anno emblematico della congiuntura della fine degli anni ’70, rappresenta un crocevia e un momento di accelerazione. In quell’anno, raggiunge il suo culmine una rivolta generazionale e transnazionale che si diffonde nelle università, nelle scuole, nelle fabbriche e attraversa la politica e la cultura. In tante partecipano alla contestazione contro l’autoritarismo, l’apparente neutralità del sapere, l’integrazione nella società dei consumi e un sistema segnato dal dominio e dall’oppressione.
In tante sono coinvolte nella ricerca di nuove forme di conoscenza, di socialità, di azione collettiva. Ma, come era già accaduto negli Stati Uniti, in un gesto che si rimanda al di qua e al di là dell’Atlantico, anche in Europa le femministe prendono le distanze dalla scena politica condivisa e dalle contraddizioni di un movimento che, nell’aspirazione verso più ampie libertà, riproduce le gerarchie tra i sessi sul piano pubblico e non le risolve nella sfera più intima. Le donne si ritrovano così in sedi proprie, prima di tutto nelle case, spazi per eccellenza del privato, che diventano luoghi di pratiche differenti, nella presa di coscienza del significato politico di ciò che era considerato personale.
Io sono mia
L’8 Marzo poggia su un mito fondativo falso ma evocativo e difficile da scardinare: un presunto incendio in una fabbrica statunitense avvenuto ai primi del Novecento, proprio l’8 marzo, nel quale trovarono la morte numerose operaie. Alcune varianti della storia raccontano di un albero di mimosa nel cortile della fabbrica, a spiegare la ragione di un simbolo.
In Italia la prima celebrazione ufficiale della Giornata della Donna avviene nel 1921, per volontà delle donne dell’appena nato Partito Comunista. Dopo il fascismo e la Seconda Guerra Mondiale sarà l’UDI Unione Donne Italiane a promuovere la data dell’8 marzo. Il femminismo degli anni ’70 risignifica questa data: dall’emancipazione alla liberazione. Nella storia del femminismo bolognese resta emblematico l’8 marzo del 1977 quando, con un volantino firmato Movimento Femminista di Bologna, venne convocata un’assemblea dal quale partì un corteo per occupare una palazzina disabitata in Via Saragozza per farne un centro delle donne. Il corteo venne represso dalle forze dell’ordine.
Abitare la molteplicità
Nel passaggio di decennio si sviluppa una fase nuova: si moltiplicano le esperienze, si sviluppano pensieri e saperi, si allargano le reti e gli scambi internazionali, nascono altri luoghi delle donne e della comunità LGBT. Sono gli anni del femminismo sindacale e dei corsi 150 ore per sole donne in cui elaborazioni e pratiche del movimento si diffondono e coinvolgono lavoratrici, casalinghe, sindacaliste in un rapporto di scambio innovativo.
A Roma nel 1981, nella sede di via del Governo Vecchio, s’incontrano in un primo convegno nazionale le donne che si riconoscono nel movimento lesbico. Nascono riviste nuove o continuano, rinnovandosi, riviste nate negli anni precedenti. Nelle sedi universitarie si affacciano comunità di ricerca femministe, mentre al di fuori s’incontrano storiche e scienziate in una diversa visione delle pratiche disciplinari. Si diffondono le librerie delle donne, centri e case delle donne, tra cui le case per non subire violenza.
A Bologna, negli anni ’80, la scena pubblica si arricchisce di nuovi spazi creati e voluti da gruppi di donne come il CDD e, e dal movimento gay, lesbico e trans.
Niente cade dal cielo
La nascita dell’Associazione Orlando e del Centro delle donne di Bologna trova la sua origine fin dalla fine degli anni ’70. Nel contesto del post-77, un piccolo gruppo di “autocoscienza intellettuale” s’incontra in una pratica in cui il partire da sé s’intreccia con lo studio e l’interrogarsi sulle differenti modalità del conoscere tra uomini e donne.
Intanto anche a Bologna si è diffusa nel movimento l’idea di un centro delle donne, rivendicato nella manifestazione dell’8 marzo 1977, ma è all’interno di questo gruppo che nasce la proposta di una sua configurazione come centro di ricerca e iniziativa. L’ipotesi è la creazione di un luogo visibile, di un’“istituzione sessuata” capace di durare nel tempo e segnare lo spazio pubblico cittadino. Nell’interlocuzione tra il gruppo femminista e l‘assessora all’istruzione, Aureliana Alberici, si giunge all’idea di un Centro di documentazione, ricerca e iniziativa delle donne sostenuto dall’amministrazione comunale e affidato, per la sua ideazione e gestione, a un gruppo espressione della nuova soggettività femminile. Nel maggio 1982 il Centro viene inaugurato nella sede di via Galliera 4.
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(…) I movimenti delle donne, nelle sue variegate forme ed espressioni politiche e artistiche, hanno trasformato e continuano a trasformare la società e la cultura italiana affidando al gesto e alla parola il proprio senso.
Immergetevi nel fiume delle parole, dei canti, dei gesti di questo catalogo e godete della passione e dei saperi che i femminismi creano ogni giorno con la certezza che “la lotta non è finita, riprendiamoci la vita”. (…) Ci tengo a evidenziare che quella riportata è una visione parziale di una molteplicità complessa, guidata dal mio sguardo di donna e attivista che non ha vissuto quegli anni, ma ne ha ereditato il desiderio di cambiamento “dal personale al politico”. (…)
Stefania Minghini Azzarello.