In quel gruppo di filosofe, pedagoghe e intellettuali, Alicchio non è al suo posto, ma non le dispiace. Anche perché loro discutono di un progetto, un centro dedicato alle donne che sia spazio di studio, casa e piazza, dove forse c’è spazio anche per lei. Nel 1983, quando Orlando si costituisce in associazione, Alicchio è tra le firmatarie.

La cultura di Rita non è la stessa delle altre, ma una storia da raccontare – una di quelle che sembrano parlare solo di noi e invece descrivono realtà condivise – ce l’ha. Si occupa del rapporto tra donne e scienza, ma lo indaga in profondità soprattutto in occasione di un convegno che organizza nel 1986: “Donne scienziate nei laboratori degli uomini”. A chi desideri sapere quale fosse l’urgenza retrostante questo evento, Alicchio risponde chirurgica: “Non è facile riversare la soggettività femminile, nell’oggettività scientifica del laboratorio”.

Durante gli anni Duemila, si rafforza il suo impegno sociale. Organizza tre agende politiche per il Comune di Bologna: raccoglie opinioni e idee, su come rendere la città più accogliente, l’ultima nel 2021. Parallelamente, dal 2015 al 2018, sviluppa altre collaborazioni con il Comune, questa volta riguardanti il sostegno a donne richiedenti asilo (“Bolognaccoglie”) e la comunicazione interconfessionale (“Il Dialogo interreligioso”).

Recentemente, Rita Alicchio ha donato ad Orlando tutta la documentazione relativa al suo operato. Sono carte preziose – ora conservate all’Archivio di storia delle donne di Bologna – che raccontano sia il passato dell’annoso problema ancora irrisolto – quello dell’equa rappresentanza femminile nei sorvegliati confini del mondo scientifico -; sia una vicenda personale di impegno civile.

Grazie Rita.