Invenzioni femministe per la soluzione non violenta dei conflitti (1987-1992)

Per iniziativa di un gruppo di donne italiane, tra il 1987 e il 1992, prese vita una rete di donne, differenti per storie e appartenenze, ma accomunate dal desiderio di ricercare nuove politiche di pace nelle terre del conflitto israeliano-palestinese, luogo dei più difficili della nostra storia recente.

Un originale intreccio di pensiero e pratiche femministe fu al centro del percorso. Molte delle sue tracce orali e scritte sono oggi conservate nell’Archivio di storia delle donne. Ne abbiamo selezionate alcune per esplorare momenti cruciali di questa vicenda in un viaggio virtuale nel tempo e nello spazio.

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Luoghi

Immagine satellitare del Medio Oriente. 2009, Nasa wikipedia commons

Dome of the Rock (Lutheran). 1992, James Emery. Wikipedia commons

Timeline

Un percorso in 4 tempi dal 1987 al 1992

1987 keyboard_arrow_down

Prima sezione: Da Non ci basta dire basta a Visitare luoghi difficili

Preceduto da un articolo di Elisabetta Donini su “il manifesto” del 23 febbraio 1987 (doc.1), la Casa delle donne di Torino diffuse un appello (doc.2) per organizzare un campo ideale di pace di sole donne a Beirut, città martoriata dal sovrapporsi di guerre civili e conflitti regionali che coinvolgevano le relazioni tra Israele e i paesi confinanti.
Fin dagli inizi degli anni ’80 era emersa all’interno dei movimenti femministi una nuova attenzione sulla questione della guerra e della pace: da Greenham Common a Comiso si erano moltiplicate iniziative per il disarmo e contro l’installazione dei missili a testata nucleare sul territorio europeo. A seguito poi dell’incidente alla centrale di Chernobyl, nella primavera del 1986, tante erano state le iniziative contro la minaccia nucleare alla vita del pianeta fino alla grande manifestazione di Roma del 24 maggio 1986. In questo contesto le immagini dei massacri compiuti nei campi libanesi nei confronti dei rifugiati palestinesi, donne e uomini, bambine e bambini, riproposero una nuova drammatica domanda su come intervenire per fermare l’orrore di una guerra in atto.

All’appello risposero singole, gruppi femministi, donne di associazioni e organizzazioni.
Tra le prime furono le donne dell’Associazione Orlando, che avevano ideato e gestivano il Centro di documentazione delle donne di Bologna, dove già si era avviata un’esperienza di scambio e relazioni internazionali con donne in esilio dal Cile di Pinochet e le Madres de Plaza de Majo. L’invito del gruppo torinese fu, quindi, colto immediatamente nella prospettiva di proseguire la ricerca di politiche di donne e femministe in contesti e situazioni segnati da guerre e dittature.
Si susseguirono convegni e incontri tra Torino, Milano e Bologna (doc.3 e 4) e nel settembre 1987 un gruppo di donne italiane si recò a Beirut per esplorare la possibilità di dar vita al progetto del campo, mentre altre andarono in Israele e nei territori palestinesi (doc.5). Con l’incontro nazionale di novembre, convocato a Bologna, nacque la rete Visitare luoghi difficili che sarebbe stata protagonista degli svolgimenti successivi (doc.6, 7, 8).

1988 keyboard_arrow_down

Seconda sezione: Donne a Gerusalemme (1988)

La fine del 1987 rappresentò un passaggio cruciale nella prosecuzione del progetto. Il sorgere dell’Intifada nei territori palestinesi, con il protagonismo femminile che la caratterizzò e l’inizio delle manifestazioni nelle piazze di Gerusalemme e Tel Aviv delle Women in Black, con gli appuntamenti settimanali di testimonianza silenziosa contro la repressione israeliana delle rivolta, mutarono lo scenario.
Attraverso il proseguimento di scambi tra una sponda e l’altra del Mediterraneo con palestinesi e israeliane, le donne della Casa torinese e del Centro di documentazione di Bologna, assieme a quelle dell’Associazione per la pace, misero al centro della loro azione il conflitto israeliano-palestinese e Gerusalemme divenne il luogo per eccellenza difficile in cui ritrovarsi. Nella primavera del 1988 uscì un nuovo appello per un Campo di donne in Palestina da tenersi nell’estate successiva (doc.1).
Dopo un’ulteriore tessitura (doc.2), nell’agosto del 1988 un folto gruppo di italiane si recarono a Gerusalemme e assieme a israeliane e palestinesi furono protagoniste di una fitta rete di visite e incontri nel corso dei quali si cominciò a prefigurare quella pratica innovativa per la soluzione non violenta dei conflitti che avrebbe caratterizzato l’intero progetto. L’esperienza fu poi raccolta e raccontata nel libro Donne a Gerusalemme, pubblicato l’anno successivo nel 1989 (doc.3 e 4).
Nel novembre del 1988 l’Organizzazione per la liberazione della Palestina ne dichiarò l’indipendenza con la creazione nei territori occupati di uno Stato accanto a quello di Israele, aprendo la strada alle successive negoziazioni. In questo nuovo scenario, sul versante della rete di donne Visitare luoghi difficili il 1988 si concluse con altri incontri e l’intensificarsi delle relazioni (doc.5).

1989-1990 keyboard_arrow_down

Terza sezione 3: Da “Time for Peace” alla guerra del Golfo (1989-1990)

L’anno successivo, nel 1989, sullo sfondo di uno scenario in rapido mutamento e con il prefigurarsi di un nuovo sistema di rapporti sul piano globale, a seguito della fine dei blocchi, l’impresa delle femministe italiane s’innestò in un allargamento complessivo delle iniziative promosse dall’insieme dei movimenti pacifisti. La più rilevante fu “1990 Time for Peace” (doc.1) organizzata a Gerusalemme tra il 29 e il 31 dicembre  per salutare il nuovo anno all’insegna dell’avvento di un tempo di pace. Al suo interno fu organizzata una giornata delle donne. Le cronache di quelle giornate con l’interventi di repressione da parte della polizia israeliana furono un primo segnale delle minacce incombenti sulla ricerca di politiche di pace (doc.2 e 3). Nell’agosto 1990 l’invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein dette inizio al processo che portò alla guerra del Golfo e all’intervento statunitense in Iraq, in una guerra che vide il sostegno militare di molti paesi tra cui l’Italia. Di fronte alla vicenda del Golfo, e alla partecipazione italiana alla coalizione militare, si diffuse anche nel nostro paese, sull’esempio israeliano, il movimento delle Donne in nero, destinato a divenire, nel corso degli anni, uno dei principali riferimenti dell’intreccio tra femminismo e pacifismo. Nell’immediato si moltiplicarono iniziative e manifestazioni in opposizione ad una guerra nuova, anche per le sue caratteristiche tecnologiche, e l’impatto mediatico. Contemporaneamente, la tessitura della spola tra “qui” e “là”, filo conduttore di Visitare luoghi difficili, non s’interruppe. Proseguì la realizzazione dei progetti tra cui il Centro delle donne di Nablus, nato per iniziativa di Sahar Khalifah, narratrice nel suo romanzo più noto, La svergognata, della storia della presa di coscienza personale e politica di una donna palestinese (doc.4)Il 1990 si concluse con un seminario e un grande concerto per ridar voce alla pace delle donne in Israele e Palestina attraverso quella di Gianna Nannini (doc.5).

1991-1992 keyboard_arrow_down

Molte donne un pianeta (1991-1992)

Nel nuovo scenario reso ancora più complesso dall’esplodere delle guerre balcaniche con il drammatico riemergere degli stupri, antica e moderna arma di guerra, molte furono le iniziative e le elaborazioni per andare oltre minacce, violenze e ferite (doc.1). In questo contesto si sarebbe avviato, in continuità con il frame di Visitare luoghi difficili e con il nome Ponti di donne attraverso i confini, un altro progetto di dialogo e scambio nei territori dell’ex-Jugoslavia. Un numero speciale della rivista Inchiesta (doc.2)fece il punto del percorso compiuto e raccolse, nei diversi interventi, gli interrogativi che si erano posti e si stavano ponendo per una politica femminista volta alla soluzione non violenta dei conflitti. In particolare, il saggio di Raffaella Lamberti intitolato per l’appunto Ferite, mise in rilievo la trama concettuale che si era andata via via definendo a partire dall’invenzione di due parole rooting (radicamento) e shifting (spostamento) per indicare il doppio movimento per andare oltre nel dialogo, nello scambio, nella convivenza delle differenze, senza negare storie e appartenenze. Su questo sfondo, l’iniziativa più rilevante fu il seminario Molte donne un pianeta che si tenne per cinque intense giornate, dall’11 al 15 settembre 1992, a Loiano, sulle colline bolognesi.  Attraverso una fitta trama di scambi, ne furono progressivamente definiti fisionomia, metodologia e tematiche (doc.3 e 4). Vi parteciparono una trentina di donne palestinesi, israeliane e italiane assieme ad alcune invitate, scelte per loro competenze ed esperienze sulle questioni oggetto di approfondimento. Grande spazio fu lasciato ai lavori di gruppo e al networking, come si cominciò a dire allora, con un’espressione destinata a divenire una parola chiave del lessico politico delle donne (doc.5). Nel corso della discussione apparve, poi, un’altra espressione, tranversal politics, introdotta da Raffaella Lamberti e destinata anch’essa a connotare la ricerca di una politica di relazione tra donne, capace di portare un segno differente nel sistema delle relazioni internazionali. Il seminario fu anche l’occasione per un gesto importante: il conferimento della cittadinanza onoraria da parte dell’allora Sindaco di Bologna, Renzo Imbeni, alla palestinese Zahira Kamal, delegata ai negoziati di pace e all’israeliana Shulamith Aloni, esponente del Meretz e Ministro dell’educazione nel governo Rabin. La grafica che accompagnò l’iniziativa ne tradusse su questo piano il significato profondo nell’evocazione simbolica della convivenza di tante donne differenti su un medesimo pianeta (doc.7).

Documenti

I documenti sono disposi su una linea del tempo realizzata con TimelineJS uno strumento open source che consente di creare timeline visivamente ricche e interattive.

Interviste

Guarda le interviste a Raffaella Lamberti e Giancarla Codrignani.

Elda Guerra intervista Raffaella Lamberti, socia fondatrice e presidente onoraria dell’associazione Orlando.

Intervista a Raffaella Lamberti

Elena Musiani intervista Giancarla Codrignani, scrittrice e giornalista, socia dell’associazione Orlando.

Intervista a Giancarla Codrignani

Manifesti

1987 | Visitare luoghi difficili. Scambio tra donne del nord e del sud del mondo.

1987 | Costruiamo un campo di pace delle donne nel Libano

1988 | Visitare luoghi difficili

1988 | Scambi tra donne israeliane, italiane, palestinesi.

1990 | Ridar voce alla pace delle donne in Palestina-Israele

1991 | Da Chernobyl al Golfo

1992 | Molte donne, un pianeta

Catalogo

Un quaderno sfogliabile “flipbook” in formato pdf contenente i documenti e le didascalie. Il quaderno verrà aggiornato in formato interattivo.

Mostra Visitare luoghi difficili

Percorso a cura di Elda Guerra
Supporto grafico e informatico di Cristina Carnevali e Elena Lolli
Riprese e montaggio video di Zoe Roversi Giusti

La mostra è frutto della ricerca condotta da Elda Guerra presso l’Archivio di storia delle
donne per il saggio Visitare luoghi difficili. Pensiero e pratiche nel femminismo italiano per
la soluzione non violenta dei conflitti, di prossima pubblicazione sulla rivista telematica
DEP.Deportate, esule, profughe”.

Fondamentali riferimenti sono stati, inoltre, lo scritto di Raffaella Lamberti, Produzione di politica a mezzo politica,
e il recente volume di Giancarla Codrignani, La diplomazia delle donne, Bologna, Pendragon, 2020.