“Salopes” significa donnaccia, stronza, carogna. È un ritaglio strappato a mano, volato tra le carte del fondo di Rosi Braidotti donate all’Archivio di Storia delle Donne. Non ha indicazioni di ulteriori, non si sa da dove provenga, e in realtà non è nemmeno così rilevante. Bastano le prime pagine dei documenti, scritte dal pugno della stessa filosofa, per capire come proprio quel frammento spiritoso e arrabbiato sia la testimonianza perfetta di un momento vivissimo della storia del femminismo.
 
Siamo nella Parigi degli anni Sessanta e Settanta. L’astro calante di Simone de Beauvoir ha lasciato tiepida la terra della speculazione filosofica femminista, che ora brulica di volti e nomi nuovi. L’autrice del Secondo Sesso rappresentava sia un ostacolo da superare che un’eredità da proteggere. Attorno a lei si era formata, capeggiata da Christine Delphy, la rivista Questions Féministes che aveva dichiarato guerra alla differenza sessuale “per partito preso”. Braidotti annota: “io ho sempre creduto che la povera Beauvoir si fosse lasciata manipolare da costoro, difendendo posizioni retrograde”.
In contrasto invece c’era il gruppo di Antoinette Fouque, éditions des femmes, sorto dalla discussione intorno a Psychanalyse et Politique del movimento femminista francese: un collettivo molto chiuso – “si vestivano persino nello stesso stile”. Proprio quest’ultimo gruppo, commenta sempre Braidotti “condusse una scandalosa campagna contro Beauvoir, sfruttando al massimo ogni suo errore – e con un compagno come Sartre, Simone di errori ne fece tantissimi, tutti per il suo bene.”
 
In questo clima di lotte, dove spesso per altro si passava dalla filosofia al tribunale, il gruppo “Histories D’Elles” cercava “il più possibile di stare alla larga dai grandi conflitti che dilagavano e per un periodo ci siamo anche riuscite.” Si passa alla prima persona perché Braidotti questa realtà l’ha conosciuta dall’interno. Come sempre, la storia del gruppo si dilata, ma anche si ritira: si interseca alle vicende del femminismo internazionale (“ho lavorato molto […] per organizzare la grande manifestazione pro-aborto dell’ottobre 1979, dove ho incrociato per la prima volta anche Emma Bonino”); e si coagula attorno alla storia dei ricordi “Luce [Irigaray] era in effetti completamente isolata […] I libri di Luce non erano MAI in vendita alla libreria delle ‘editions des femmes’, erano semplicemente censurati.”

Queste due pagine di presentazione terminano con l’ariosa firma di Braidotti, con una R e una B gonfiate come da un soffio, in contrasto con la durezza delle lettere impresse dalla macchina da scrivere. Una bella differenza tra cose dure e cose molli, tra cose morte e cose vive che fa pensare a certe pagine scritte da Tondelli, ma anche alla natura stessa della storia.
 
Ci sembrava doveroso invitarvi a visionare questo fondo prezioso finalmente consultabile all’Archivio di storia delle Donne. Il fondo è giunto a noi – unitamente a quello bibliografico molto più ricco – grazie alla donazione della stessa Rosi Braidotti: un regalo ancora più prezioso dunque.